27 Apr Vita monastico-religiosa
Brevi note su Palizzi e la sua vita monastico-religiosa.
Palizzi (sessanta kilometri a sud est da Reggio Calabria) è certamente uno dei borghi più pittoreschi di quel tratto di costa che va dal Promontorium Leucopetra (Capo d’Armi) al Promontorio di Ercole (Capo Spartivento).
La nascita di Palizzi si fa risalire addirittura al IV sec. d.C, periodo in cui, come è noto, folti gruppi di uomini cominciarono a lasciare le marine della Locride, spingendosi nell’interno. In questo contesto, gruppi di profughi si sarebbero stabiliti in contrada Calamissà (Kalamitza), dando origine alla prima comunità di Palizzesi. Nel VII sec. questi popoli avrebbero lasciato la campagna di Calamissà e si sarebbero stabiliti sotto la grande rocca, dove attualmente si trova l’abitato del paese. Nel XI sec., a Palizzi e nelle campagne circostanti si sarebbero poi insediati altri gruppi di profughi, provenienti, questa volta, dalla fiumara Galàti, vicino l’attuale territorio di Brancaleone (v. F. Rossi, Sotto la rocca di Palizzi. Tip. offset Kuhar, Trieste).
Palizzi divenne però un centro di una certa importanza soltanto nel periodo a cavaliere tra la fine del primo millennio e l’inizio del secondo, quando anche in questa zona risultavano ormai presenti alcuni degli oltre millecinquecento monasteri basiliani che popolavano la Calabria.
Numerosi furono i paesi fondati in questo periodo, in conseguenza delle massicce migrazioni di popoli orientali verso l’Italia. Fu proprio attorno alla fine del XI sec. che, ad es., un gruppo di questi profughi si stanziò nelle falde della Jermanada, dando origine alla fondazione di Pietrapennata.
Il nome Palizzi potrebbe derivare etimologicamente dal greco Politsion, diminutivo di Polis (città), che già in epoca normanna veniva latinizzato in Politium, oppure da polìscin (luogo ombroso). Alcuni invece lo fanno derivare dalla voce Palatium (palazzo), riferito al castello, mentre secondo altri deriverebbe dal nome della potente famiglia Palizzi di Messina, la quale poté avere il dominio feudale in questo luogo (ignoro se oggi quest’ultima tesi sia stata confermata da fonti storiche). Esiste infine un’altra versione, secondo la quale il nome Palizzi deriverebbe da quello dell’antico monastero di Sant’Ippolito, comunemente detto Politium, che un tempo sorgeva a Palizzi. Lo sviluppo del nome avrebbe quindi seguito le varie realtà politico-linguistiche, presentandosi, nell’arco di sette secoli, con cinque denominazioni diverse: partendo dall’VIII sec. con “IPPOLITOS”, probabilmente nome del convento all’atto della sua fondazione, si sarebbe andato avanti nei secoli attraverso IPPOLITIUM (IX-X), POLITIUM (X-XI), PALITI (XII-XV) fino a “Palizzi”, nome usato dal XV sec. in avanti.
VITA MONASTICO-RELIGIOSA
Nonostante i confini limitati, la modesta realtà economica e demografica, in tutto il territorio di Palizzi vi fu una vita monastico-religiosa molto attiva. Vi furono, infatti, un tempo tre Monasteri basiliani e numerose Chiese, distrutti più volte lungo i secoli dalle varie calamità e quasi sempre ricostruiti. Il fiore all’occhiello era rappresentato dal sopracitato monastero basiliano di Sant’Ippolito, senza dubbio il più importante nella storia di Palizzi. Il passato brillante di questo monastero è comprovato da numerosi documenti storici, come quello del 1477 del vescovo di Bova, che conferiva l’abbazia Archimandritale di Sant’Ippolito di Palizzi al monastero di Taranto. Purtroppo oggi non rimane nessuna traccia dell’abbazia e non si sa neppure con esattezza dove sorgesse (magari – mi piace fantasticare – nei pressi di quella campagna a nord del paese ancora oggi denominata “Santu Pòlitu”, dove ho trascorso moltissime giornate della mia infanzia, girovagando tra i vigneti di mio padre, che sorgevano proprio in quell’area). Al di là della localizzazione esatta, esiste comunque un documento scritto di proprio pugno dall’ultimo Abate del monastero, il quale, prima di abbandonarlo, fece l’inventario delle poche cose rimaste e che portava con sé: <<una scure, una coperta, qualche lenzuolo etc..>>. La fantasia popolare narra che prima di partire l’Abate abbia sotterrato da qualche parte una grande giara con dentro gli oggetti religiosi della Chiesa, che in quanto oggetti di culto, avrebbero dovuto restare presso il territorio del convento. Inutile dire che quella giara non è mai stata trovata. Ma non doveva comunque contenere molto, visto che da un altro documento sappiamo che, all’epoca del vescovo Olivadisio (1627- 46) i beni delle chiese dei tre rispettivi monasteri di Palizzi passarono al seminario di Bova, assieme ad una bellissima statua in marmo custodita in uno di essi.
Oltre l’abbazia di Sant’Ippolito, infatti, nel territorio di Palizzi vi era il convento di Santa Maria di Alìthia (Santa Maria della Verità), oggi chiamato Alìca. Di tale convento, che si trovava nelle campagne di Pietrapennata, ne sono ancora oggi visibili i ruderi. Il terzo monastero basiliano era quello di Santa Maria di Apìta, che si trovava, presumibilmente, nella campagna dell’attuale Jermanada.
Quanto alle numerose chiese, la più importante è certamente la chiesa parrocchiale di Sant’Anna, ormai unica chiesa attiva del paese. Intestata inizialmente a S. Maria Theotokos (madre di Dio), fu eretta nel lontano 1084 dai padri basiliani, che l’amministrarono fino al 1477, anno in cui subentrarono i figli di San Paolo. Nel 1574 passò sotto l’amministrazione del Clero regolare diocesano. Vi si mantenne il rito liturgico greco-bizantino fino al 1567, quando in questa Chiesa fu imposto il rito liturgico latino. Pochi anni dopo, nel 1573, il rito greco cessò anche in tutte le altre chiese di Palizzi. La cupola a trullo presenta strutture arabo- siculo-normanne, mentre il campanile a pianta quadrata, del 1297, è di stile romanico. Pare che in origine la cupola e il campanile costituissero due corpi isolati. L’edificio centrale, infatti, con la sua struttura a tre navate, sarebbe un innesto del XVII sec. All’interno della Chiesa, in una nicchia dietro l’altare, si conserva ancora il gruppo marmoreo della statua di Sant’Anna, con la Madonna bambina, acquistata dal Principe di Roccella e Signore di Palizzi, Mada Bernardino nell’anno 1479. Questa statua non trova riscontri per lo stile in tutta la zona e sarebbe una copia in stile bizantino di un’altra statua del 1200. Come quasi tutte le altre, anche la Chiesa di Sant’Anna di Palizzi servì da luogo di sepoltura fino al 1810, quando ne venne abolita la pratica dal famoso trattato di Saint Claud.
Un fatto di notevole interesse è il privilegio normanno del 1144, che la rese Chiesa protopapale (protopapa: dal greco protos=primo, papas=prete). Alla fine del 1600, il vescovo di Bova, Mons. Paolo Stabile, tenne un Sinodo, in occasione del quale fece assumere in luogo del titolo di Protopapa quello di Arciprete. Al Sinodo in questione parteciparono i Protopapi dei paesi vicini, compreso quello di Palizzi, che rispondeva al nome di: Rendus Abbas D. Ioannis Dominicus Puglisi, Protopapa et Archipresbyter terrae Politii.
Tra le altre Chiese nel territorio di Palizzi, vi era quella di San Leonardo (Santulinàrdu), nelle campagne della Ternità, che, come alcune altre, era stata fatta costruire agli inizi del XVII sec. dalla famiglia dei Baroni Nesci. La famiglia Nesci apparteneva al Patriziato Messinese ed aveva in origine il possesso di tutto il vasto territorio della “Chiusagrande“.
Di una certa importanza deve essere stata anche l’antica chiesa di S. Francesco, nel rione Santa Domenica, colpita da quella rovinosa frana, che nel 1851 fece scivolare un’intera fetta del paese nel fiume in piena. Arrivata in tempo di notte, la frana inghiottì la metà della chiesa di S. Francesco (comunemente detta di Santa Domenica) e le case che le stavano attorno. L’altra metà della chiesa durò fino al 1958, quando fu demolita in seguito ai lavori di consolidamento dell’area franata.
Un’altra chiesa, modesta quanto originale, è quella del Carmine. L’originalità risiede nel fatto di non essere mai stata soggetta al clero bizantino: si differenzia quindi dalle altre per aver sempre osservato il rito liturgico latino. La sua fondazione risale al 1573 e fino alla metà del 1800 andava sotto il nome di Santuario della Beata Vergine del Carmine. Essa comprendeva anche Sant’Eufemia, che sorgeva poco distante. Il terremoto che colpì la Calabria il 5 Febbraio del 1783, distrusse quasi completamente entrambe. La chiesa di Sant’Eufemia ormai non esiste più, o meglio, ha continuato ad esistere solo come piccolo palmento per la pigiatura dell’uva e la fermentazione del mosto; quella del Carmine invece fu poi ricostruita nel 1856, grazie all’intervento di don Bruno Vitrici (intraprendente uomo del paese) e della famiglia De Angelis di Palizzi. La salma di don Bruno Vitrici e quella dell’Arciprete De Angelis, sono entrambe tumulate dentro le mura della Chiesa, ai lati dell’altare.
Procedendo a piedi dal Carmine verso il Paese, si passa attraverso una contrada chiamata “Gannadeo” forse contrazione dialettale di “Anna Deo” (Anna di Dio). Manca ogni certezza storica, ma secondo alcuni ci sono buoni motivi per ritenere che qui un tempo sorgesse una chiesa di rito greco intestata a Sant’Anna di Dio.
FESTIVITA’ religiose
Il 26 Luglio di ogni anno a Palizzi si celebra una grande festa in onore di S. Anna, che si ripete puntualmente da 541 anni, da quando cioè il Principe Mada Bernardino acquistò la famosa statua marmorea di Sant’Anna (a.1479). Ma è l’intero mese di luglio ad essere interessato dai festeggiamenti religiosi, che interessano in modo intrecciato il culto di Sant’Anna e quello della Madonna del Carmine.
Si inizia, infatti, il 2 luglio, quando la statua della Madonna viene trasferita in processione al Santuario del Carmine (a 4 km dal Borgo). I festeggiamenti continuano poi con una serie di pellegrinaggi al Santuario, proseguono con la festa della Madonna del Carmelo il 16 Luglio ed hanno il loro momento più solenne nella notte tra il 25 e 26 Luglio, quando avviene l’incontro della Madonna con Sant’Anna. Quest’ultima, infatti, partita in processione dalla Chiesa parrocchiale, va a prendere la Vergine per riportarla “a casa”. L’incontro avviene in contrada Zingàri. Qui, al canto dei fedeli e alle suggestive luci dei ceri accesi, la processione proveniente dal Carmine con la Madonna, si incontra con l’altra processione proveniente da Palizzi con la statua di Sant’Anna (la statua, in questo caso, non è quella marmorea ovviamente, ma una di legno, donata ai cittadini Palizzesi dal Barone di Palizzi, Don Tiberio De Blasio). L’incontro è sottolineato con grande tripudio di fuochi d’artificio, dopodiché le due processioni, ormai fuse in una, fanno rientro alla chiesa parrocchiale di Sant’Anna: la Madonna è così riportata sul suo trono, dove resterà fino all’anno successivo.
Dopo quella di Sant’Anna, la più importante festa religiosa dell’anno è quella di San Sebastiano, compatrono di Palizzi, che ricorre il 20 Gennaio. Masse di persone provenienti dalle popolate campagne dei dintorni e dai paesi vicini riempivano le strade di Palizzi, lungo le quali il Santo veniva portato in processione al canto di “Salve o martire di Cristo…” In tempi remoti, in occasione di lunghi periodi di siccità, il Santo veniva portato fino alla Marina per essere immerso con i piedi nell’acqua del mare. Pranzo devozionale in onore di San Sebastiano era il classico piatto di maccheroni al ragù di carne di capra.
Naturalmente, la ricchezza di luoghi di culto della terra di Palizzi in epoca antica, va ben oltre queste poche note. Del resto, se qualcuno l’ha definita una “piccola tebaide” ci sarà pure un motivo!
Concludo ricordando che a Palizzi, nel XVI sec., nacque uno dei più celebri teologi e predicatori del suo tempo, “Fratello Angelo“, cappuccino della principesca famiglia degli Ardoino di Messina, morto – non si sa bene se a Castelvetere o in un Convento di Bari – nel 1626-27.