Salvatore Iacopino | Iacopino di Palizzi nella seconda metà dell'Ottocento.
Iacopino, Palizzi, Guardia Nazionale. Pietrapennata.
2017
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Storia di famiglia Cap. 7 Secondo Ottocento

Storia di famiglia Cap. 7 Secondo Ottocento

SECONDA META’ DELL’OTTOCENTO.

Prima di procedere oltre, vediamo qual era la situazione in paese al momento della morte di Tommaso Iacopino (a. 1852).

Nel Casale di Pietrapennata

Se nel borgo di Palizzi l’unica famiglia Iacopino era quella dei figli di Tommaso e di  Bruna, nel Casale di Pietrapennata c’era il piccolo Leonardo Iacopino, di 4 anni, figlio del fu Domenico (uno dei due fratelli arrivati a Pietrapennata da San Lorenzo) e di Caterina Autelitano, la quale, dopo la morte del marito, si era risposata con Antonino Callea.

Il piccolo Leonardo però non era l’unico Iacopino a Pietrapennata. Infatti, poco prima della metà del secolo, un altro Iacopino, questa volta un parente, era arrivato nel Casale. Si trattava del nipote di Tommaso, Pasquale Iacopino (figlio di Vincenzo) proveniente da Condofuri Superiore.  All’età di 24 anni, esattamente il 26 agosto 1846, Pasquale Iacopino, nipote di Tommaso, sposò la quindicenne Annunziata Cristiano di Pietrapennata, stabilendo in quel paese la sua residenza. Testimoni di nozze furono Antonino Moneriti fu Lorenzo di anni 49 e Antonino Cristiano di anni 39.

La giovane Annunziata era figlia di Angelo Cristiano (morto pochi anni prima e cioè il 14 ottobre 1841) e di Caterina Orlando. Nonni paterni di Annunziata erano: Giovanni Cristiano (morto il 16-2-1805), fu Francesco,  e Margherita Oliva.

 

A Palizzi Centro l’unica famiglia Iacopino era quella dei figli di Tommaso e di  Bruna.  Tralasciando in questa sede la discendenza femminile, i figli maschi di Tommaso ossia gli uomini Iacopino di Palizzi della Terza Generazione erano:

Pasquale                    27.11.1830

Paolo Vincenzo          29.03.1838

Francesco                  26.04.1842

Vincenzo                    17.06.1848

Contesto di vita cittadina palizzese a metà Ottocento.

A quel tempo, la popolazione della Terra di Palizzi (a.1858) era così distribuita: Palizzi, 1850 anime; Pietrapennata, 510; Marina, 200. Ma che tipo di paese era Palizzi a quell’epoca? Che vita facevano i miei antenati e i loro concittadini?

Interessanti informazioni che riflettono la vita cittadina del tempo, li possiamo ricavare dalla lettura dei Regolamenti di Polizia Urbana e Rurale.

Infatti, se teniamo conto che, ovviamente, non c’era alcun motivo per vietare ciò che non si faceva o che non si era tentati di fare, la lettura di questi Articoli è davvero utile per capire come vivevano a quei tempi i nostri antenati.

Il primo di tali Regolamenti a Palizzi fu approvato nel 1819.

Art.1) E’ vietato accendere fuochi nelle pubbliche strade, nelle Piazze e nei cortili per fare il falò. I contravventtori saranno puniti collammenda di Carlini 5 pagabili dai loro genitori in caso di minore età.

Art.2) E’ del pari vietato di lanciare pietre con le mani, o con la fionda o altrimenti. I contravventori…

Art. 6) Nelle Domeniche e solenni feste di doppio precetto è vietato il lavoro degli artigiani e contadini sia con soma, sia senza, come pure ai commercianti, agli artieri, ai bottegai di aprire le botteghe per la vendita di ogni specie. Sono eccettuate le Farmacie e le botteghe di cibi e bevande…

Art. 7) Sia proibito a chiunque in tempo di sacre funzioni di fare chiasso o altri atti indecenti…

Art. 9) E’ vietato lasciare vaganti senza guida per le strade animali da tiro, da soma, da sella o bovi i quali possono produrre danni ad altrui…

Art. 12) È proibito gettare dalle case liquame, immondizie o altro che possa offendere coloro che passano per le strade o piazze, o altre lordure che esalino un fetore disgustoso e pregiudizievole alla salute degli abitanti… 

Art. 16) È proibito si macellassimo gli animali nella Piazza o in luoghi nei quali lo sterco ed il sangue porta noia e perciò l’uccisione si eseguirà nel fiume di questo.

Art. 21) È proibito durante la notte suonare o cantare nelle pubbliche vie con qualunque strumento senza il permesso delle autorità e particolarmente è vietato il cantare nell’abitato nel corso della S. Quaresima…

Art. 40) La macerazione dei lini, della canapa e della ginestra che si fa in acqua non corrente debbe eseguirsi in luoghi distanti tre miglia dall’abitato e quella dei sopradetti lini, canape, e ginestra che si fa in acqua corrente debbe eseguirsi nel luogo detto Calcinaro al di sotto delle rocce del luogo medesimo.

 

 

Nel successivo Regolamento di Polizia Urbana e Rurale, approvato questa volta in epoca post borbonica, sotto il Regno d’Italia, nel 1867, fu prescritto di:

– Non andare armati – Non mandare ignudi per le strade i bambini superiori a tre anni – Non tenere in casa più di tre porci 

– Non essere consentito ai sospetti e sorvegliati, scorse due ore di notte, camminare per le strade senza un lume in mano.

 

Altre pene furono previste:

– Contro coloro che invitati dalle autorità non si prestano a nettare le vie presso la propria abitazione

– Contro chi, pescato con frutta non giustifichi d’onde l’abbia ricevuta

– Contro coloro che ricusino il lavoro gratuito per un giorno, nell’accomodo di una pubblica opera[1]

 

[1]    Cfr. Fortunato Plutino, op. cit., p.481 e p. 508.

Dal Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia

In Italia, gli eventi di grandissima rilevanza storica di questo periodo furono quei radicali capovolgimenti dinastici e istituzionali, che nel Meridione portarono a dire addio al Regno delle Due Sicilie ed a Sua Maestà Francesco II, con il passaggio della nostra Terra al nuovo Regno d’Italia.

Il 18.8.1860, nelle spiagge di Melito Porto Salvo, non lontano da Palizzi, sbarcò Giuseppe Garibaldi, il quale tre giorni dopo, il 21.8.1860, prese possesso di Reggio Capoluogo della Provincia. Qualche mese dopo l’annessione del Regno Borbonico all’Italia di Vittorio Emanuele II, i Sindaci dei vari Comuni ricevettero l’ordine di formare la Guardia Nazionale, decretata per difendere lo Statuto Albertino, raccomandando la massima cautela nella scelta degli uomini chiamati a formarla. E qui, la storia del Paese si incrocia con la storia di famiglia.

 

 

 

Pasquale Iacopino e la Guardia Nazionale

Consultando l’elenco, meticolosamente trascritto da Fortunato Plutino, scopriamo che tra i 72 Militi della Guardia Nazionale appena formata a Palizzi, figurava un certo mastro Pasquale Iacopino. Si trattava evidentemente del figlio che il mio quadrisavolo Tommaso aveva avuto a Condofuri dalla prima moglie Nunzia Sideri e che aveva poi portato con se a Palizzi assieme agli altri due figli. Pasquale aveva allora 30 anni. 

E gli altri tre figli maschi di Tomaso? A parte Vincenzo, ancora troppo giovane, Paolo e Francesco avevano rispettivamente 23 e 19 anni. Ho buoni motivi per ritenere che costoro fossero tra quelli costretti a nascondersi, quando “il nuovo governatore di Reggio, Cassito, in data 3.6.1861, ordinò a tutti i sindaci e capitani della Guardia Nazionale della Provincia di procedere all’arresto, ovunque fossero ritrovati, di soldati del disciolto esercito borbonico in fuga con l’idea di rubare ed assassinare”.

È davvero probabile che i fratelli Iacopino si siano ritrovati su fronti contrapposti.

 

 

Della vita successiva di Pasquale, dopo il suo arruolamento nella Guardia Nazionale, per adesso non so nulla. Non so cioè se si sia mai sposato, se abbia avuto dei figli né quando sia morto. Non ho trovato comunque nei registri di nascita degli anni successivi qualcuno che risultasse figlio di Pasquale. Non dispongo di informazioni successive neppure riguardo al più piccolo dei quattro maschi,  Vincenzo.

 

 

 

 


La storia di famiglia che da qui in avanti ho ricostruito riguarda i fratelli Paolo e Francesco, dai quali partono le due principali diramazioni della famiglia Iacopino della Terra di Palizzi.

Prima di seguire le vicende del mio trisavolo, Francesco (in pratica il bisnonno di mio padre), ecco alcune sintetiche informazioni su Paolo, dal quale presero origine numerosi rami della famiglia Iacopino di Palizzi, sui quali però non potrò soffermarmi.

 

 

Paolo Vincenzo Iacopino (n. 1838).

Verso la fine degli anni Sessanta dell’Ottocento, Paolo Iacopino sposò Caterina Autelitano, dalla quale ebbe numerosi figli:

–           Giuseppa, nata intorno al 1862 e morta ad appena otto anni, il 13.11.1870;

–           Francesco, nato il 13 marzo1867 e morto anch’egli da piccolo;

  •    Saverio, nato il 4 maggio 1870;

–            Francesca, nata il 31 gennaio 1873;

  •    Vincenzo Giovanni, nato il 24 giugno 1875;
  •    Pasqualina, nata il 1 luglio 1877;

–           Francesco, nato il 10 luglio 1879; Si, proprio un altro Francesco! Non si tratta di un errore. Il primo figlio chiamato Francesco, nato nel ’67, quasi certamente (anche se non dispongo ancora del suo atto di morte) morì da piccolo. Da qui la possibilità e la volontà di imporre lo stesso nome al nuovo nato. Tuttavia il tentativo di conservare all’interno della famiglia il nome Francesco fallì lo stesso poiché questo nuovo nato morì subito dopo: erano le ore 10 del giorno 27 dello stesso mese di luglio, quando lo zio omonimo del piccolo si presentò in Comune, insieme a Saverio Lingria, per denunciare la morte del piccolo Francesco, avvenuta il giorno precedente, all’età di mesi uno”;

–          Domenica, nata il 21 giugno 1880;

–         Giovanni, nato il 18 maggio 1883;  Anche questo figlio morirà poco dopo, esattamente il 30 novembre 1883, all’età di sei mesi. A fare da testimone, tanto alla registrazione della nascita quanto alla morte, il sempre presente sarto Antonino Genovese (tra l’altro, l’unico dei testimoni in grado di firmare). Insieme a lui, come testimone per la morte del piccolo, questa volta vi fu anche il macellaio Pietro D’Aguì.

  •   Bruno Francesco, nato il 2 luglio 1886, ultimo dei numerosi figli di Paolo.