Salvatore Iacopino | “Vietato morire” di Rocco Cento
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“Vietato morire” di Rocco Cento

“Vietato morire” di Rocco Cento

Sabato 26 settembre 2020, presso lo Spazio Contemporaneo della SOMS di Domodossola, con Giuseppe Possa, Giorgio Quaglia e Gilberto Salvi di Mnamon Editore, abbiamo presentato il libro di Rocco Cento, “VIETATO MORIRE” (Manamon edizioni, 2020).

 

Ecco una breve sintesi del intervento.

Un libro a tratti irriverente, a volte ironico e leggero, più spesso profondo e complesso. Un libro, direi, non propriamente facile, vuoi per la complessità dei riferimenti “colti”, vuoi per la forma della scrittura, vuoi per la forte stratificazione semantica che caratterizza il testo.

Notevole la capacità dell’autore di evocare immagini, di “far vedere” le cose. Rocco Cento non “racconta” le cose: lui “mostra” le cose: come un pittore, realizza quadri, fa vedere con le parole.

Durante la lettura, ciò che più affascina è l’impressione di avere a che fare non con uno statico pensiero “pensato” bensì direttamente con il pensiero pensante: un pensiero, che diviene nell’atto stesso in cui si legge.  Tale impressione è amplificata dall’uso personalissimo dei segni di interpunzione: penso alla frequente omissione del punto interrogativo, ma soprattutto all’abbondanza del punto fermo, che spezza la frase, isola la parola, dandole rilevo; un uso, che pare rispondere anche ad esigenze di pausazione, di ritmo.

 

Un libro, che sembra sfuggire ad una facile classificazione. Racconto, testo poetico, saggio, romanzo?

Di sicuro, c’è la struttura narrativa, la storia, con al centro la figura di Miro [Palmiro] Martinelli, il professore. Una struttura narrativa, che, suddivisa in brevi capitoletti, si dipana ad un ritmo incalzante e in maniera tutt’altro che lineare.

Ma al di là della narrazione, la prima cosa che colpisce sono gli innumerevoli riferimenti “colti”: storici, filosofici, politici, ma soprattutto mitologici (Dedalo, Prometeo, l’evirazione di Urano da parte di Chronos, ecc.) e biblici (dal Libro della Genesi a quello dell’Apocalisse, passando per Salomone, Sodoma e Gomorra,, il Cantico dei Cantici, ecc.). Numerosi e suggestivi riferimenti, che ne fanno un libro molto interessante, da leggere quasi come fosse un Saggio.

Un altro aspetto di questo libro, che balza subito all’occhio, sono le molte caratteristiche tipiche del testo poetico. Non soltanto per l’impostazione lirica e una certa “atmosfera” poetica di molte parti, ma, direi, anche per l’aspetto formale (si vedano le numerose figure retoriche, climax, metafore, sinestesie, ossimori, ecc.; per non dire della presenza di alcune poesie e di molti testi, che sono senza dubbio delle vere e proprie poesie in prosa).

Così, in definitiva, per questo libro si potrebbe parlare quasi di un Saggio filosofico e un Testo poetico, cuciti insieme nella forma del Romanzo.

Ma come definire il libro dal punto di vista del contenuto? Qual è il tema centrale? Evidentemente, al di là della storia e del suo protagonista principale (Miro Martinelli), il vero protagonista del libro è Thanatos, la morte. Si tratta innanzitutto di un libro sulla morte, su questo non c’è dubbio.

Ma non soltanto della morte in terza persona (“Vietato morire” per un libro in cui tutti muoiono): c’è la morte in prima persona, quella che, prima di  trionfare vittoriosa in pagine di altissima letteratura, fa “capolino” nel corso del libro, andando incontro ai vari personaggi storici. Una morte vestita da soldato romano, da Centurione, che si presenta al cospetto di Archimede, di Giuda Iscariota, di Giovanni del Libro dell’Apocalisse, di Cicerone, di Bruto e Cassio, gli assassini di Cesare, di Marco Antonio, ecc.

Naturalmente, nel libro di Rocco Cento c’è questo e molto altro

C’è l’amore per Arielle e la profonda amicizia per Alcide. La scuola, i rapporti tra compagni, la maestra Tonelli, il Preside, gli alunni… (molto belle le pagine della lezione scolastica al Sacro Monte Calvario). C’è la gioventù, la politica, i comunisti, la rivoluzione non violenta; il rapporto del protagonista con la preghiera, ma anche lo spiritismo.

C’è la Calabria di don Saverio, il dialetto e il paesaggio meridionale. Parigi e la vita nella periferia parigina. La Città di Domo e le sue mura, il pentagono, il Togn e la Cia e il Vescovo-conte Uguccione dei Borromei. La Domodossola contemporanea, con il cinema Catena, il quartiere della Cappuccina, l’Ospedale, ecc. E c’è, naturalmente, il Sindaco e l’Ordinanza, con la quale si fa divieto di morire nel territorio comunale.

Un libro, certo, da leggere, ma anche da rileggere con piacere.

Salvo Iacopino