Salvatore Iacopino | M
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Madòsca voce deformata di Madonna in imprecazioni e bestemmie (Hi.. mannaia la madòsca!)
Magàgnu tipo di zappa di ferro a tre punte.
Magulà malattia virale e contagiosa, che si manifesta con l’infiammazione delle ghiandole parotidi (si tratta, in pratica, della parotite, conosciuta anche con il termine “orecchioni”).
Màgulu pelle grassa sotto il collo del maiale, guanciale.
Maìddha contenitore in legno rettangolare nel quale si impastava la farina per il pane o prodotti dolciari.
Majìa fattura, maleficio.
Majalinàru uomo esperto nella castrazione dei maiali. Ne ricordo uno che veniva da fuori paese, con in tasca il suo coltellino ben affilato. Senza tante cerimonie, in men che non si dica, apriva ed estraeva rapidamente gli organi riproduttori da quei poveri animali.
Malacrijànza maleducazione, cafoneria, sgarbatezza.
Malanòva  espressione usata quando si apprendono cattive notizie (Eh malanova!: che notizia tremenda che mi dài!), ma soprattutto quando si doveva mandare al diavolo qualcuno (Eh chi mmi ti pigghja malanòva!).
Malucòri fari malucòri: risentirsi, offendersi, dispiacersi (Si no’ mbìtu, poi faci malucori).
Manàta 1) colpo dato con la mano, schiaffo, pacca; 2) quantità di qualsiasi cosa che può esser contenuta in una mano.
Mancupàtu malaticcio, temporaneamente incapace.
Mancùsu luogo non esposto al sole
Mandàgghju  piccolo pezzo di legno ruotante intorno a un perno, che serviva per chiudere porte, finestre, cancelli (dal greco mandalion, chiavistello)
Mandàli bloccaporta, chiavistello per portoni e imposte di legno
Manganèddhu   noto rione del Paese. Quand’ero ragazzino, era ancora luogo di sfida della malvivenza paesana (Ndi vidìm’o manganeddhu! | Veni o manganeddhu, si ndà coraggiu!). Il nome dovrebbe derivare dall’attività che si svolgeva in quel rione. Pare, infatti, che in tutto l’arco del XVIII secolo in quella via operasse un ‘manganello’, strumento artigianale a pettine con manovra a ruota che serviva per manganare (cardàre) la stoppa di ginestra, canapa e lino.
Mangiasùmi prurito (cu non si gratta cu li so mani, non ci passa la mangiasùmi!)
Manìcula cazzuola, arnese usato dai muratori.
Mantònicu qualità di vite e di uva della zona
Manzu quieto, tranquillo, addomesticato. Riferito in particolare agli animali.
Mappìna strofinaccio usato in cucina come asciuga piatti
Márgiu terreno vergine, non ancora coltivato (dall’arabo marğ)
Maricchjèddhu poverino (usato solo come esclamazione)
Maroiàri preoccupare, affliggere, amareggiare (E va bonu dài, non ti maroiàri!), da cui l’aggettivo maroiàtu: addolorato, afflitto.
Marrèddha  gioco popolare consistente nel tracciare sul terreno una griglia quadrata di 3×3 caselle e, servendosi di legnetti diversi per ciascun giocatore, cercare di realizzare (ovvero impedire all’avversario di realizzare) il tris cioè disporre tre dei propri simboli in linea retta orizzontale, verticale o diagonale (oggi “tris”).
Marrùggiu bastone usato come manico di attrezzi quali la zappa, il piccone, l’ascia, ecc.
Maru  oltre che nel significato generico di “poveretto” (ddhù maru cristianu quantu staci patendu!), il termine è usato in particolare come appellativo, preposto al nome, di chi è defunto (mi rricordu a “maru” Ciccio, mi ndav’angili…).
Marvìzza tordo (dal francese mauvais)
Mascaràtu lett. mascherato; solitamente usato dagli adulti come rimprovero nei confronti dei ragazzini che avevano commesso qualche sciocchezza (Eh  mascaratu!) oppure per indicare chi aveva assunto sembianze cattive o da arrabbiato, una maschera d’ira e di collera (Si votàu ‘cuntr’a mmia comu ‘nu mascaratu, chi mmi ndavi scasci!).
Maschiàta schiaffo
Mascìddha ascella
Mastra solco di grandi dimensioni, protetto con muri a secco, con funzione di canale di irrigazione.
Mavròpulu  terreno cretaceo di color nerastro
Màzzâra Pietra, di solito rotondeggiante, usata come pressa su alimenti e cibarie conservati in salamoia (forse dall’arabo m’sara). Mentìri sutta màzzâra i livi, i mulingiàni
Mazziàri sfibrare la ginestra con pietre
Mbaddhu nocciola da lancio usata nel gioco delle nocciole (u jocu d’i nucìddhi). Era la nocciola più grande, con la quale colpire le altre, poste in terra a forma di castello. Si tratta di uno dei giochi più popolari fra i ragazzini di Palizzi negli anni ’70. Si iniziava a giocare in autunno e si andava avanti fino al periodo delle festività natalizie. Il gioco, che coinvolgeva più giocatori, era molto semplice e non richiedeva altro che le nocciole, portate in giro da ciascuno in un sacchettino di stoffa, una buona mira e una certa capacità manuale di tirare.  Ogni giocatore metteva a terra le sue quattro nocciole a forma di castelletto, u castèddhu (tre di esse formavano la base e la quarta veniva poggiata sopra come torre).  I castelli si disponevano per terra, uno vicino all’altro, dopodiché, fatta la conta, il concorrente designato, postosi ad una determinata distanza, doveva cercare di colpire e far cadere il maggior numero di castelli. Il colpo era inferto servendosi “du mbàddhu.  Spesso, a fare la differenza, più che la mira, era la consistenza della nocciola usata come mbaddhu. E c’era sempre qualcuno che cercava di barare. Il trucco consisteva nell’appesantire u mbaddhu, attraverso l’inserimento al suo interno di qualche pezzetto di piombo, richiudendo poi il piccolo foro con della cera.
Mbàrrari saziarsi, mangiare comodamente
Mbattìri accadere, succedere, occorrere (Ah chi mi ndavìa a ‘mbattìri a mia!).
Mbiddhàri
incollare
Mbiveràri dare acqua alle piante, irrigare orti e giardini
Mbiverùni brodaglia con resti e scarti alimentari, usata come cibo per i maiali
Mbrahgàri diventare rauco.
Mbrahgàtu che ha perso l’intensità della voce, affetto da raucedine.
Mbramàri bramare, muggire
Mbròsicu rospo
Mbrusciuniàri disordinare, mischiare, fare le cose senza cura.
Mbuddhàgghju Tappo, turacciolo
Mbuddhàri Tappare, occludere
Mbuddhuriàri aggrovigliare, imbrogliare.
Mbumbulùni bernoccolo
Mburràri urtare, cozzare
Mbuscàri guadagnare qualcosa, ma anche prendere delle botte, essere picchiato
Mbutèddu imbuto
Mbuttàri spingere
Mèddhissa ape (dal gr. Μέλισσα )
Meddhisserìa alveare
Medùddha cervello
Menzanèddha unità di misura agricola
Menzìna
letteralmente, “ metà”. Termine usato quasi esclusivamente  nell’ambito della macellazione (‘na menzina ‘e maiali)
Milarrùni scacciapensieri; strumento musicale che funziona appoggiato alla bocca. È fatto da un cerchio metallico, con al centro una linguetta, che opportunamente sollecitata, è capace di vibrare, emettendo suoni molto belli.
Mìlinga tempia
Milògna tasso
Milùni anguria
Milùni ’i pani melone
Minda era così chiamata la capra dalle orecchie molto piccole.
Minna mammella
Mindìtta imprecazione, maledizione (mandari mindìtti, vale a dire: imprecare, maledire).
Miscitàri mescolare, rimestare.
Miscitiàri rovistare
Mmaghàri
fare la majìa. “Mi Mmaghàu”: mi ha fatto un maleficio.
Mmèndula mandorla
Mmendulàra mandorlo
Mmórzu pezzo (dal francese morceau)
Mmucciarèddhu gioco del nascondino
Mmucciàri nascondere
Moticàri muovere (non ti moticàri i ccà, non ti muovere da qui; moticàtti!, muoviti! datti una mossa!)
Mpamu traditore, infame.
Mpannizzàtu stropicciato (‘ssa maglia si fici nu pannizzu!)
Mpapocchjàri  prendere in giro, ingannare, raccontare balle.
Mpasturàtu legato mani e piedi (da mpasturàri: mettere le pastoie alle bestie)
Mpasturavàcchi serpente molto lungo, così chiamato perché si diceva si attorcigliasse alle zampe posteriori delle vacche, rendendole incapaci di camminare, per succhiare il latte dalle loro mammelle.
Mpaticàri pestare con i piedi, metterci i piedi sopra.
Mpendìri appendere.
Mpìcci impegni, affari, faccende da sbrigare.
Mpiciàta tela impermeabile, incerata
Mpìsu appeso; ma anche sospeso, lasciato in attesa o nell’incertezza (Mi dassasti mpìsu tutta a jornata!)
Mprascàri imbrattare, sporcare (mpraschatu: sporco, imbrattato)
Mpràstu  
uomo seccante, importuno, fastidioso.
Mprenàri ingravidare, mettere incinta.
Mpurrìri marcire (mpurrùtu: marcio)
Muca specie di muffa;  mucàri: ammuffire (dal greco mouchla, muffa).
Muccatùri tipo di fazzoletto che fungeva da copricapo femminile (forse dal catalano mocador oppure dal greco mykos, muco, visto che altrove il termine designava il fazzoletto per il naso).
Muddhùra cielo  coperto, nuvoloso (U tempu si guastàu e non è com’era: era chjarìa e diventàu muddhùra!)
Mundéddhu misura di capacità per cereali, pari a poco più di 2 kg (dall’arabo mudd)
Mungijàri  lamentarsi, gemere.
Muntaròzzu montagnetta, ma in senso lato, qualunque prominenza su una superficie piana, un mucchietto di qualcosa.
Muntugàri nominare
Munzéddhu mucchio, un insieme di qualcosa ammucchiata a forma di cono.
Munziddha patina nera lasciata dal carbone/legna.
Murcu monco di un braccio
Murèddha (plr) more, frutti del gelso (murèddha ‘i cerzu) e del rovo (murèddha ‘i rruvèttu)
Murga sedimento dell’olio, i resti della separazione dell’olio dalle scorie.
Murmuriàri il termine a Palizzi non era mai usato nel significato generico di chiacchiericcio continuo e di molta gente bensì con il significato di sparlare, criticare, dire male. Era il giudizio avverso e maligno su una persona  o su un determinato argomento da parte delle comari.
Murra gregge; in senso figurato un insieme di persone o animali, assembramento. È anche il nome dell’antico gioco della morra.
Muscàgna acconciatura maschile consistente nei capelli pettinati all’indietro.
Mussàta colpo dato con il retro della mano direttamente sul muso.
Mussatùni colpo sulle labbra (v. mussata) particolarmente violento (ti votu nu mussatùni….)
Mussiàri  non essere d’accordo, non accettare, manifestare disgusto.
Mustàzzi baffi (dal francese moustache)
Musulúpu tipo di formaggio, altrimenti detto: bugghjutèddhu (dall’arabo  maslūc)
Muzzafràta lucertola
Muzzicàta 1) un morso; 2) una piccola quantità.
Muzzicàtìna morsicatura.