Salvatore Iacopino | Z
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Zafattoiàritrafficare, cercare qualcosa
Zàgârail fiore dell’ulivo. Sebbene nella lingua italiana il termine indichi il fiore degli agrumi, specie dell’arancio e del limone, a Palizzi con la parola Zàgâra si intendeva quasi esclusivamente il fiore degli ulivi (dall’arabo zahr ‘fioritura’).
Zàmbarupersona che non sa di niente, di poco valore; più raramente, anche cafone, scortese.
Zangrèi  appellativo tipico per gli abitanti grecofoni di Bova (e, in misura minore, anche per quelli di Pietrapennata). Al di là dell’etimo corretto, il termine a Palizzi era spesso usato con il significato di cafone, zotico, villano. Per una diversa interpretazione e un approfondimento etimologico, rimandiamo a “Pasquale Casile, Dèi e Zangrèi, 2005.
Zargàraqualcosa di molto amaro (esti zargàra ‘stu cafè!)
Zargariàridannarsi, provare amarezza per qualcosa o per qualcuno (mi fici ‘i mi zargarìu)
Zenniàrischerzare
Zirriàrironzare
Zìrrumbicucalabrone
Zzappìnupino marittimo
Zziànigli zii in generale.
Zziccàriinserire, ficcare, conficcare.
Zzìmbaporcile, recinto dove si tengono i maiali. Per estensione: luogo molto sporco e maleodorante (Ndàvi ‘na casa chi pari ‘na zzimba).
Zzìmbarubecco, maschio della capra (dal greco xìmaros)
Zzingàri   Località poco distante dal paese, presso la quale si trovava una sorgente perenne di acqua sulfureo-ferruginosa.
Zzipànguluanguria (dal greco “kepanguron“).
Zzìtufidanzato, promesso sposo.